Mariano

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Lettera a me stesso.

Scrivi una lettera a te stesso a 100 anni.

Lo so, è così strano. Forse neanche ti ricordi chi sono. Chi eri, chi cercavi di essere.

Credi di esserci riuscito?

Io sono qui, ora, provando a realizzare ciò che tu vedrai alle tue spalle. Non ti montare la testa: ovunque tu sarai, ti ci avrò portato io e dobbiamo entrambi sperare che io domani lotti più di oggi e ancor di più il giorno successivo e così via.

Come stai?

È così stupido, ma vorrei saperlo davvero. Io sono tormentato dai demoni di un modo per cui provo repulsione, dall’irrequietezza degli ultimi scampoli della gioventù adulta e dal tormento di una vita che non sento appartenermi. I passi che farò domani ti porteranno in un luogo migliore? Io ancora non lo so, per te è troppo tardi: in ogni caso un destino beffardo, non credi?

Ti invidio. Ai miei occhi tu sei infinite possibilità parallele, mentre io sono un risultato, l’unico che io possa esperire. Esisto meno di quanto non faccia tu, che vivi in infinite possibilità. Al te che si verificherà auguro il più lieto dei tempi che verranno perché, se non siamo cambiati, la tua vita è stata difficile. Hai sofferto come soffro io ora, forse di più. Per fortuna abbiamo vissuto l’amore. Non ho fatto cazzate, vero? L’ho amata con tutto me stesso senza mai fermarmi? Se non l’ho fatto datti del coglione da parte mia. Se siamo riusciti a non fare un casino, sii felice. Un successo almeno lo abbiamo realizzato.

Spero che ricorderai, ma temo che tu abbia dimenticato. Siamo stati nello stesso corpo per un istante, siamo stati la stessa anima.

Ricorda. Riposa.

Spero di essere riuscito a renderti fiero.


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