Mariano

Articoli

Teniamoci in contatto!

Donare il proprio tempo

Ne ho già scritto. Lo so, sono monotono. Ma quando qualcosa mi entra nella testa diventa come un tarlo che scava e scava e io non posso fare a meno di spingerlo fuori con tutte le forze che ho.

Voglio fare una premessa: quando racconto delle cose che faccio, che voglio fare, o che penso non ho mai – ripeto, MAI – l’intenzione di pormi su un piedistallo, tutt’altro. Se pensate che raccontare le mie prese di coscienza, e le azioni che conseguentemente decido di intraprendere, abbia qualcosa a che fare con voi non avete capito nulla. Riguardano me, le responsabilità che credo di avere, gli ingiusti privilegi di cui mi voglio privare e degli atteggiamenti da decostruire. Io percorro la mia strada, se raccontarla può essere d’aiuto tanto meglio.

Comunque, come dicevo, ne ho già parlato del mio tempo e del valore sempre maggiore che voglio che assuma. Potrebbe essere una visione capitalistica in cui la merce a cui dare un valore sia la mia stessa vita. I parametri per assegnarlo, quel valore, sono però del tutto arbitrari, me ne rendo conto.
Tutto questo per dire che questo weekend, per la prima volta da quando vivo a Milano, sono andato a fare del volontariato e non mentirò: è stata un’esperienza edificante, ma non nel modo che credevo. Non farò nomi, non voglio promuovere un’associazione di volontariato rispetto ad un’altra, preferisco piuttosto raccontare la mia esperienza, che si può riassumere in “ho distribuito dei volantini informativi davanti all’ingresso di un supermercato, sperando che le persone, sia quelle che entravano sia quelle che passavano di lì, contribuissero alla spesa collettiva, che sarebbe stata distribuita nei giorni successivi”. Tutto qui. Sono stato fermo davanti ad un supermercato a dare dei volantini.

Mi era capitato un paio di volte nella vita di distribuire volantini: lo avevo fatto per pubblicizzare l’attività di mio padre in giro per il mio quartiere e nella maggior parte dei casi non dovevo neanche socializzare, visto che i volantini li infilavo nelle buche delle lettere. Questa volta invece è stato diverso, alla mia azione avrebbe corrisposto una reazione che io sarei riuscito a percepire e lo sconforto causato dall’indifferenza della maggior parte delle persone mi ha fatto molto riflettere sul significato delle mie azioni.
Se non avessimo avuto alcun risultato, quel tempo sarebbe stato sprecato? Dopo quale livello di riempimento del carrellino posto vicino all’ingresso avrei potuto considerare la mia azione un successo?
Sembrano domande razionali, non è vero? Peccato che sono completamente sbagliate.

Dopo all’incirca una mezz’ora carrello completamente vuoto, un signore, al quale non avevamo neanche dato il volantino, poggia dei pacchi di spaghetti all’interno del carrello. Allo stupore si è unita immediatamente la gioia ed è lì che mi sono reso conto che fare qualcosa per qualcuno non è per forza qualcosa di spettacolare, che ogni piccolo gesto conta. Certo, l’immagine di tre persone fuori ad un piccolo supermercato che raccolgono un carrellino di beni alimentari non è affascinante come qualcuno che salva migranti in mare, ma qualcuno pranzerà grazie a quei viveri, qualcun altro cenerà. Ma non è neanche questo il punto; il punto fondamentale è far parte di una rete, di far parte di una comunità sana che dedica il proprio tempo a rendere il mondo un posto migliore. È il sentirsi minuscoli, ma in senso buono: la privazione di quella centralità che pensiamo di avere nella vita degli altri, mentre alle volte non siamo il centro neanche della nostra. Non importa che fossi io ad essere lì, fuori a quel supermercato a raccogliere del cibo, ma è fondamentale che io ci sia andato, perché non ci sono mai abbastanza persone che aiutano il prossimo. Siamo tutti sempre più soli in agglomerati sempre più grossi nei quali si sta perdendo il senso di comunità, un senso che ho ritrovato donando il mio tempo, la risorsa più preziosa che ho. Un sabato mattina qualunque, ero parte di qualcosa. Qualcosa di minuscolo, di infinitesimale, quasi impercettibile; eppure qualcosa che esiste e che farà la differenza nella vita di qualcuno che non saprà mai che io esisto, ed è giusto così. Perché il punto non sono io, il punto è la comunità, la possibilità per qualcuno di non sentirsi escluso, di non essere ultimo, di non sentirsi lasciato indietro da una società ingiusta che spinge a coltivare l’individualismo più bieco. In modo diverso, sia io che chi fruirà dei beni raccolti potremmo sentire di far parte di qualcosa. Di non essere soli.

Se avete delle finanze che ve lo permettono, donate qualcosa a delle cause in cui credete perché fa la differenza ma, ancor di più, donate il vostro tempo.

Io per le prossime settimane non avrò modo di andare di nuovo a fare volontariato, ma riprenderò quanto prima perché andare anche solo una volta mi ha impartito insegnamenti che spesso si tende a dare per scontati e che proverò a non dimenticare più: donare il proprio tempo non è un gioco a somma zero e ogni buona azione disinteressata ha un valore infinito, anche la più infinitesima.


Scopri di più da Mariano

Iscriviti per ricevere gli ultimi articoli via e-mail.


Lascia un commento

Scopri di più da Mariano

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora