Queste elezioni europee sono praticamente state la mia ossessione. Ho studiato più per capire quale lista e quali candidati e candidate votare che per alcuni dei miei esami all’università, e anche se la mia preferenza non ha raggiunto la soglia di sbarramento riesco comunque a vedere degli aspetti positivi. Il primo, ad esempio, è quello di aver in ogni caso provato a fare la mia parte, di aver cercato di dare la spinta nella direzione che ritenevo più corretta; il secondo è che tutto lo studio di questi ultimi anni di vita adulta mi ha permesso di comprendere cosa sta accadendo intorno a me, quali delle cose che accadono nel mondo vorrei che cambiassero e come vorrei che cambiassero. Sembra stupido perché nell’era dei social sembra che sappiamo tutti tutto, ma non è così. Creare un’opinione che sia propria, seppur frutto di tante analisi di chi ha più esperienze e mezzi, è un lavoro che va oltre lo scrollare il feed di Instagram. Si tratta di ascoltare con attenzione i candidati e le candidate – magari riportando la propria soglia di nuovo più in alto -, di leggere i programmi, di ascoltare approfondimenti, di parlare con le persone, di discutere animatamente con esse; di condividere informazioni che possono essere sfuggite o fatte passare sotto gamba. Si tratta di comunità. Questo, io, ho provato a farlo con ogni mia forza. E non potrei essere più felice, pur essendoci parecchi lati negativi nell’andamento di queste elezioni europee.
La destra europea non è quella italiana.
C’è stato uno spostamento a destra nelle preferenze degli europei ma, tolta la Francia, non si è vista una spinta estremista così forte. In questa analisi considererò Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni come semplice destra, perché in Europa il suo comportamento è più moderato che in Italia, detto che anche in Italia FdI si è “istituzionalizzato”, pur provando a restare fedele al suo elettorato. Insomma fa molta più scena rispetto ai proclami della Giorgia guerriera dell’opposizione. Tornando a noi, chi fa parte dell’estrema destra italiana ed europea è la lega, che ha miseramente fallito in queste elezioni: ha perso preferenze rispetto alle amministrative politiche di settembre 2022 ed è stata superata da un partito come Forza Italia, che ha enormi problemi di leadership, al punto da dover presentare dei manifesti col fondatore del partito morto un anno fa (come vola il tempo!).
La lega, dicevo, fa parte di tutti quei movimenti di estrema destra xenofoba, omotransfobica e razzista che non ha ottenuto i risultati sperati. Stesso discorso si potrebbe fare per Vox in spagna, che ha visto crescere il suo consenso ma non ha visto arrivare alcun plebiscito. La Spagna è anzi rimasta l’unico dei grandi paesi dell’unione ad avere una leadership di sinistra solida. In Germania il discorso per AfD è un po’ diverso: 16% agrodolce se si pensa che si è passati da sondaggi ed elezioni comunali con più del 20% all’esclusione dal partito europeo ID in combutta con Lega e Rassemblement Nacional di Marie Le Pen, passando per il rischio di essere dichiarato illegale in Germania. È comunque il secondo partito del paese dopo il centrodestra, mica poco, ma deve questo successo più al disastro del partito di governo e la sua coalizione. Quello che è successo in Germania non è un unicum: queste elezioni europee sono viziate moltissimo da dinamiche interne. Se si guarda in Francia si nota lo stesso fenomeno: la vittoria di Le Pen (e il conseguente scioglimento del parlamento da parte di Macron) sono frutto di ciò che sta accadendo in Francia e poco ha a che vedere con l’Europa. Essere la prima forza dell’unione pesa meno della riforma delle pensioni di Macron per cui i francesi sono scesi in strada a protestare.
L’Italia ha frainteso queste elezioni.
Anche in Italia il significato di queste elezioni europee è stato frainteso da alcune forze politiche, che hanno presentato dei programmi che avevano a che fare più con i nostri confini che non ciò che concerne l’unione. Che sia una scelta politica più che di incompetenza è difficile da dire, ma tant’è. Sta di fatto però che molti dei programmi dei partiti principali fossero volti a rimescolare in salsa europea quelli che sono i punti dei rispettivi programmi italiani, quasi come se le europee fossero un mega sondaggione dello stato dei partiti e non decidessero nulla. La stessa peculiarità tutta italiana di candidare i leader di partito è una strumentalizzazione che strizza l’occhio più allo stato del paese che non alle preferenze europee: serve a misurare più il consenso di quel leader di partito che l’effettiva rappresentanza in un organo estremamente importante e dal quale partono le normative che le nostre leggi devono seguire. Trovo che sia un segnale di due cose, principalmente, che forse sono l’una conseguenza dell’altra: in Italia la democrazia non è sana; in Italia il popolo è ritenuto un gregge di pecore ignoranti che segue il pastore, ma incapace di sviluppare idee e coscienze. Spiegatemi, in alternativa, che senso ha votare Giorgia Meloni o Elly Schlein, pur sapendo che queste non andanno al parlamento europeo. Stesso dicasi per Calenda. E per il PD, ad esempio, candidati buoni ce n’erano, come ad esempio Eleonora Evi e Antonio Decaro.
Il fatto che la figura del leader venga prima delle idee e della linee del partito è un grosso problema ed è un sintono di grande analfabetismo politico, oltre che di indebolimento della democrazia; non a caso ultimamente vanno fortissimo, a livello nazionale, le destre sovraniste come quella di Giorgia Meloni. Ma se a destra è anche normale che succeda, a sinistra (intendendo il PD, con buona pace di chi per disprezzo lo colloca a destra) questa cosa è tristemente imbarazzante. La sinistra imborghesita che galleggia col mento appena sopra il pelo dell’acqua usa le stesse regole del gioco della destra, perché sa che con la forza delle idee non va da nessuna parte e questo. La trovo quasi un’espressione di una pigrizia dovuta all’eredità di sinistra scadente che aleggia sul PD. Che non è del tutto errata, ma occhio a banalizzare. Il PD ha una grande occasione, un quarto degli elettori e delle elettrici si è espresso in suo favore: può diventare il leader della coalizione che in totale ha preso più voti di quella opposta. Il compito di Schlein, secondo me, è quello di fare da ombrello e parafulmine; di portare avanti la missione di creare una sinistra unita e forte che riesca a governare serenamente e che riporti il paese nel presente, allontanandolo dalle nostalgie di tempi andati e ormai ingiustificate. Non tanto per i valori che queste nostalgie si portano dietro, quanto perché ormai chi ha vissuto quel periodo è quasi centenario, gli altri e le altre hanno nostalgia di qualcosa che non hanno vissuto. Come facciano per me è ancora un mistero.
Chiudo questa parte con un sospetto: io non credo che queste preferenze siano veritiere. Non credo che il PD sia veramente così in salute e non credo che la Meloni abbia acuito il suo consenso; come non credo che il Movimento 5 Stelle sia così indietro, complice il forte astensionismo al Sud in cui i 5 Stelle vanno forte. Da queste europee qualcuno esce con le ossa rotte e qualcuno rafforzato, ma ho come l’impressione che il quadro non rappresenti la realtà, perché in ballo non c’era niente a livello nazionale. Staremo a vedere.
Ci libereremo mai di Berlusconi?
Forza Italia ha superato la Lega, diventando il secondo partito per rappresentanza nella coalizione al governo. Questo secondo i risultati di queste europee, di cui come dicevo non mi fido al cento per cento. Vedere in giro per Milano i manifesti di Berlusconi mi ha fatto sentire come perseguitato da un fantasma. Sensazione che, oggi, si è acuita. Più che da meriti di Berlusconi dall’oltretomba, però, il successo di Forza Italia dipende dal fallimento della Lega e di Salvini, che ha vita sempre più breve. L’idea di diventare il Trump italiano non ha ripagato, complice forse il sistema non bipartitico del nostro parlamento. L’Italia tutta ringrazia.
Di questa piccola storia sarà interessante vedere come cambierà la forma del governo nei prossimi mesi sia per il vantaggio che ora Forza Italia ha sulla lega, sia perché il partito europeo di maggioranza è quello di Forza Italia e non di Fratelli d’Italia. Meloni quindi deve compiere una scelta e deve anche sperare che il suo alleato in Italia non le faccia uno scherzetto pensando di cavalcare questa ondata di successo che ha portato al sorpasso nei confronti della lega. La stabilità di questo governo non credo sia in gioco, ma forse potrebbe perdere qualche pezzo nel prossimo futuro.
In ogni caso Giorgia Meloni ha solo da perdere: peso in Europa se non si allea con il PPE, consenso in Italia se si allea poiché il suo elettorato è un elettorato euroscettico, di estrema di destra e fortemente reazionario. Come reagiranno quando Meloni si schiererà col potere in Europa? La riterranno la solita burocrate attaccata alla poltrona? Staremo a vedere.
Poteva andare peggio.
Sembra assurdo, si, ma poteva andare peggio. Forze di estrema destra antieuropeiste potevano acquisire un potere molto maggiore, tanto da diventare fin troppo interessanti per chi deve creare un’alleanza di governo. Invece sembra che non andrà così, salvo ribaltoni clamorosi, il che è un bene. Se si pensa che il centrodestra europeo, con i verdi all’opposizione, è quello del green deal e delle norme europee che qualcuno ritiene già fin troppo ambientaliste, si capisce che questo scenario è si malvagio, ma non il peggiore possibile. Speriamo che da queste elezioni europee non ci siano grossi scossoni sulle tematiche ambientali in senso negativo; di sicuro non c’è da aspettarseli in senso positivo.
Lo strano destino dei Verdi.
Le elezioni del 2019 sono state contrassegnate da una forte ideologia ambientalista e i Verdi europei (nei quali non trovavano rappresentanza quelli italiani, al di sotto della soglia di sbarramento) avevano avuto uno slancio fortissimo. Cinque anni dopo, col clima che cambia, con le temperature che si alzano sempre di più, con una pandemia che ha dimostrato quanto siano pericolosi certi paradigmi, i Verdi sono tra i grandi sconfitti di queste elezioni. Lo trovo francamente assurdo: la battaglia ambientalista andrebbe portata avanti in modo prioritario, visto che a partire da essa si diramano tutte le altre. La scala del problema del cambiamento climatico è più ampia dell’unione europea e di qualunque altra sua battaglia e le diramazioni che prende vanno in tutte le direzioni. Salvaguardando l’ambiente si salvaguarda il lavoro, la salute e i diritti dei cittadini di tutto il mondo, non solo europei.
Mi sembra che il problema non stia solo nei Verdi (che di sicuro ne hanno, qualunque cosa ne ha), ma anche nella logica distorta secondo cui essendo loro gli ecologisti, dovrebbero risolverlo loro il problema. “Che hanno fatto sti Verdi in questi cinque anni? La situazione è soltanto peggiorata.” Chiaramente non è così, ma è piuttosto comune che a chi si intesta una battaglia si pone uno standard diverso rispetto a chi non lo fa: una persona vegetariana o ancor meglio vegana, attenta agli sprechi e così via che compie un errore viene messa alla gogna; una persona noncurante che lascia magari i mozziconi in spiaggia, gira in auto pure per andare in bagno e così via la si giustifica in nome di uno scetticismo diffuso e condiviso. Che è un po’ quello che succede al PD in Italia.
Insomma, speriamo in una politica morigerata come quella degli ultimi cinque anni. Non è abbastanza, ma bisogna tenersi il buono che c’è nelle cose.
Insomma, per poter cambiare qualcosa negli equilibri dell’Unione Europea dovremo aspettare cinque anni, chissà cosa accadrà nel frattempo. Quello che spero è che aumenti il senso di necessità di un’Europa sempre più unita e che si abbandoni quest’idea malsana degli stati sovrani, quantomeno anacronistica nel mondo globalizzato e multipolare che si sviluppando sotto ai nostri occhi, se non completamente controproducente. A tal proposito mi chiedo a che serva votare per gli stessi partiti nei paesi e in Europa: disgiungere le due cose potrebbe portare a una maggiore consapevolezza al voto e rimuovere l’inquinamento dei fattori nazionali. Per far capire quello che intendo, si può pensare a questa cosa: la coalizione di maggioranza del parlamento europeo era formata dal partito europeo dei socialisti e quello dei popolari. Del primo fa parte il PD, del secondo Forza Italia. Ve la immaginate, oggi, una coalizione così in Italia?
Ecco, appunto.